Gambe grosse

Gambe Grosse

Oggi parliamo di quelle pazienti che presentano gambe grosse, a cilindro….a zampa di elefante: quadro caratteristico del Linfedema
Ne parliamo con il dott. Fulvio D’Angelo della Chirurgia Vascolare della clinica SantaMaria di Castellanza.

Innanzitutto definiamo il Linfedema

Per Linfedema si intende un accumulo di sostanze proteiche nell’interstizio cellulare conseguente all’incapacità del sistema linfatico di drenare l’eccesso di liquido presente.
Il sistema linfatico è costituito da una rete di microcapillari adibiti appunto a drenare il liquido che si trova tra le cellule e che non viene riassorbito dalle vene.
Un aumento della produzione del liquido intracellulare o una incapacità ad asportarlo da parte dei linfatici determina un accumulo ed una aumento di dimensioni dell’arto.

Tutte le pazienti che hanno gambe grosse posso essere inquadrate in pazienti affette da Linfedema?

Ovviamente no…ci possono essere altre cause che determinano un aumento del volume della gambe. In genere chi è affetto da Linfedema presenta questo disturbo fin dalla giovane età, oppure senza apparente causa l’arto tende ad aumentare di volume sino a giungere se non trattato a dimensioni notevoli con la nota caratteristica di piede e gamba gonfia a tronco.

Quali altre cause ci possono essere nel determinare un ingrossamento dell’arto inferiore e che possono essere confuse con il linfedema ?

Innanzitutto il Lipedema, cioè la presenza di grasso in eccesso a livello soprattutto della coscia, ma talune volte anche a livello della gamba, ma non del piede. E così pure nel caso di una trombosi venosa, il piede non è quasi mai interessato da un aumento di volume significativo, a parte il fatto che esiste il fatto scatenante e cioè la trombosi evento che non è presente nel linfedema.
Esistono poi condizioni come l’insufficienza renale e lo scompenso cardiaco o epatico che possono determinare un aumento di volume di ambedue gli arti. In sostanza una diagnosi precisa come al solito è fondamentale. Ma esistono caratteristiche peculiari per cui non è poi tanto difficile porre una diagnosi clinica di certezza.


Allora parliamo di questa diagnosi, cosa caratterizza il linfedema?

Innanzitutto distinguiamo il linfedema primario da quello secondario.
Le forme primarie compaiono fin dalla giovane età, puberale, e tendono a progredire con il tempo. Talvolta possono essere scatenate in età più matura da eventi come gravidanze o trami ripetuti alle articolazioni della caviglia. Ma anche in questi casi esistevano dei presupposti anatomici di sofferenza dei linfatici che non hanno retto all’evento scatenante.
Nelle forme secondarie esiste un evento importante che ostacola il deflusso linfatico, come interventi chirurgici o irradiazione delle regioni inguinali o pelviche, oppure ancora infezioni degli arti portano ad un aumento della produzione della linfa o ad una distruzione dei dotti linfatici come nel caso dell’Eresipela.
Ma è la presenza di una edema del piede con interessamento delle dita, il caratteristico “segno di Stemmer “ sulla cute del II dito del piede , che ci aiuta moltissimo a porre la diagnosi clinica.


Ma non esistono esami per poter porre la diagnosi anche da chi non è esperto clinicamente?

Certo esistono esami diretti ed indiretti, nel senso che servono ad escludere altre patologie.
L’esame strumentale fondamentale è la Linfoscintigrafia che indaga appunto il circolo linfatico. Poi importanti sono l’ecoclordoppler per escludere patologie venose o arteriose e l’ecografia ad alta risoluzione per valutare lo stato dei tessuti e valutare se sia presente ristagno liquido o sangue raccolto tra le fasce e i muscoli.
Esistono poi anche altri esami più invasivi ma sono di secondo livello, cioè si eseguono in un secondo tempo se necessario.
In ogni caso la diagnosi del Linfedema è fondamentalmente basata sull’anamnesi ( storia clinica del paziente) e sulla clinica ( valutazione del quadro patologico e dei sintomi del paziente)
In questo caso l’esperienza e la conoscenza sono fondamentali anche più della teconologia.


Parliamo ora di cosa poter fare a questi pazienti: su cosa si basa la terapia.

Premettiamo una cosa, le possibilità chirurgiche sono scarsissime e limitate a casi particolari e selezionati. Direi quasi sperimentale.
Invece importante e valida è la terapia conservativa, cioè quella legata alla terapia medica e fisica (contenzione elastica e linfodrenaggio).
Il paziente deve essere inquadrato ed accertare se si tratti di uno lo stato di linfedema primario o secondario Nel caso di uno stato secondario bisogna se possibile identificare la causa primaria ed intervenire su questa, se possibile, o quanto meno accertarla per valutare le possibilità di successo della terapia.
Nel caso di una forma primaria , o secondaria stabilizzata, la terapia medica consiste in farmaci drenanti e vasoprotettori, nonché diuretici a basso potenziale per ridurre la componente liquida circolante.
Fondamentale è la terapia fisica contenitiva che consiste nel ciclo di bendaggi flebologici multistrato sino a rimodellare l’arto e condurlo all’utilizzo di calze elastiche di adeguata compressione ( II° e III° classe di compressione)
Indispensabile è l’associazione con linfofrenaggio manuale ed eventualmente meccanico anche se quello manuale è sicuramente superiore per effetto e durata.
Recentemente l’introduzione della TECAR nel trattamento del Linfedema ha significatamene migliorato i risultati nella stabilizzazione del quadro clinico.


La TECAR? In cosa consiste?

Si tratta di una apparecchiatura che attiva il metabolismo cellulare e funziona in moltissime situazioni patologiche. Per quanto concerne l’efficacia sul linfedema possiamo sintetizzare che agisce come un micronde: scalda i tessuti interni, scioglie il liquido interno e lo rende più fluido, facilitando la possibilità di rimuoverlo sia con la contenzione elastica che con il linfodrenaggio.

Per concludere cosa possiamo dire dott. D’Angelo?

Avere una situazione infelice agli arti inferiori è sicuramente un problema, ma non bisogna demordere, la cura della malattia dipende molto dal paziente e dalla sua volontà di impegnarsi a risolverla.
La guarigione sta nelle nostre mani e forse mai come nel caso di questa forma patologica possiamo dire sia vero.

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